Il Diritto al benessere psicologico e alla salute mentale
Le potenziali violazioni dei diritti nel campo della salute mentale, in particolare nell’ambito psichiatrico, sono state per anni e sono spesso tutt’ora sotto i nostri occhi in Italia, in Europa e nel mondo. Le contenzioni non necessarie fatte con lacci al lettino, le costrizioni rispetto a volontà lucide, i ricoveri coatti prolungati, la somministrazione di farmaci in dosaggi superiori a quanto realmente necessario o addirittura farmaci con effetti iatrogeni più gravi di ciò che gli stessi si prefiggono di trattare. A ciò si aggiungono gli errori diagnostici, spesso dovuti a valutazioni semplicistiche non poggiate su strumenti validi e attendibili o ad applicazioni cieche di manuali sempre più categorizzanti e semplificanti la complessità umana, per non citare i casi in cui è la disponibilità stessa di percorsi di cura più o meno semplici ad influenzare la diagnosi.
Come ha scritto lo psichiatra Allen Frances – tutto ciò serve a inibire, stordire e talvolta far morire i pazienti, come accade frequentemente con le persone legate al letto.
La maggior parte degli psichiatri, degli psicologi, e degli psicoterapeuti che operano in questo mondo sono però oggi come oggi sempre più consapevoli dell’importanza di battersi per abolire pratiche crudeli e metodi lesivi e riconoscono pienamente nelle persone affette da patologie psichiatriche lo status di soggetti cui riconoscere diritti e cure umanizzate.
Da anni si conoscono metodi e pratiche di cura diverse per ogni ambito della psicopatologia, azioni legate alla creazione di una relazione terapeutica, alla fiducia e alla tenerezza; pratiche che si mostrano essere anche più produttive ed efficaci dei soli farmaci, e anche quando un supporto farmacologico risulta indispensabile, esso può e deve essere sempre accompagnato da un lavoro centrato sulla relazione umana.
ReDiPsi nasce e vive per questo impegno, per diffondere una cultura della relazione umana fra uomini liberi, per favorire un cambiamento nel lavoro di cura dentro e fuori le istituzioni pubbliche e private. Per essere “cura”, un intervento nella salute mentale non può essere coatto, asettico e limitante la libertà personale o di opinione, cura in questo mondo è scienza e relazione, unite per un benessere generale e universale.
Dobbiamo credere e lavorare in quest’ottica, avendo fiducia che, di fronte a reati e violazioni, gli apparati dello Stato saranno in grado di agire alla luce di una garanzia e di una tutela generale dei cittadini, delle persone e di tutti coloro che si trovano un una condizione di fragilità e criticità.
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